martedì 19 febbraio 2013

Dall'antipolitica alla cretinogenesi dell'ultra politica e della caccia al curriculum



Il nuovo Parlamento è quasi pronto ad essere impiattato. Manca solo una piccola formalità: le elezioni. Ciò che può variare è quel numero di aspiranti parlamentari che si ritrova candidato in posizioni troppo basse nelle liste o la presenza di forze politiche che rischiano di non passare la soglia di sbarramento. Manca quindi solo la salsa d'accompagnamento, che non conta nulla ma è  indispensabile per servire un piatto complesso come il rognone.

Spesso sento dire che gli italiani sarebbero stanchi dei partiti o di "questi" partiti. Mi chiedo se gli stessi italiani fossero in vacanza quando Bersani ha vinto le primarie sull'onda dell'ideologia dell'usato sicuro.

La "gente" è stanca anche di Berlusconi, secondo la leggenda che è stata abilmente montata. A me pare che gli italiani non abbiano cambiato le proprie idee ed esigenze rispetto alla precedente vittoria schiacciante del PDL. Il centrosinistra, dal canto suo, non ha mai voluto soddisfarle. Se c'è qualcuno che non ne può più di Berlusconi, si tratta di qualche vecchio rincoglionito o di qualche moralista la cui crescita si è bloccata in seguito all'affare Ruby. Solo gli idioti possono cambiare idea per motivi altrettanto idioti.

Certo è diverso se parliamo dell'elettorato liberale incazzato perché le riforme liberali risultano ancora non pervenute. Nemmeno la riforma della giustizia, che pure era utilissima allo stesso B.
Ma l'elettorato liberale non fa notizia perché non rompe vetrine, non incendia i cassonetti, non insulta o riempie di oggetti da lancio le forze dell'ordine, non gambizza gli avversari politici, non apre 60 ristoranti italiani negli USA, non monopolizza la satira in Rai, non utilizza come megafono il Festival di Sanremo. Vedete un po' che sfiga.

Non capisco, dunque, di cosa si lamentino gli elettori di sinistra quando affermano che Berlusconi non avrebbe fatto niente in vent'anni. Dal loro punto di vista non può che essere un bene. E poi mica è vero che Berlusconi ha governato per vent'anni. Ma ai "progressisti" sfugge anche questo particolare, perché loro non hanno memoria dei ruggenti anni dell'Ulivo e dell'Unione, o forse per loro si tratta di aspetti irrilevanti. Robetta. I comunisti non si rendono conto di aver preso il potere finché non vedono la gente morta e appesa.

Non possono far nulla i nostri eroi dello slow food social democratico se subito dopo di loro arriva il Caimano che, con le sue riforme, ha distrutto il Paradiso Terrestre lasciato dal centrosinistra. Riforme che Berlusconi, per stessa ammissione della sinistra, non ha realizzato. Un altro mistero che necessita l'intervento di Daniele Bossari.

La stragrande maggioranza dei fierissimi avversari di Silvio non ha una sola idea condivisa. E si capisce: la campagna elettorale del futuro primo partito italiano si è mossa nel silenzio su ogni tema di dibattito politico. Passo felpato, come Catherine Zeta Johnes in Entrapment. Perché ogni minima presa di posizione può costare carissima a Bersani, come se stesse sfilettando un pesce palla. 

Gli unici che straparlano sono i grillini. Uno di loro mi ha persino detto, ingenuamente, che Oscar Giannino avrebbe "copiato l'antipolitica" del guru Beppe Grillo, a proposito dell'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti e della riduzione della spesa pubblica.

La cosa divertente (si fa per dire) è che qualcuno in Italia possa realisticamente credere che sia razionale, con una mano, restituire il finanziamento pubblico e, con l'altra, provvedere a nazionalizzare qualsiasi cosa vada storto, dalle banche ai servizi, alle imprese in difficoltà. Come promette di fare il Movimento 5 stelle.

Oltre ai singoli spot bisognerebbe analizzare la coerenza, la coesione e la fattibilità dei programmi elettorali. Quando questi programmi esistono. Ad alcuni partiti viene in aiuto Sanremo che, prontamente, espone il programma che i candidati non hanno ancora messo in chiaro.

Per fortuna, nel caso di Grillo, abbiamo tanto materiale a disposizione. L'idea di fondo è che si voglia un ultra-stato in cui una fantomatica nuova politica, fatta da non da onorevoli ma da cittadini, possa sopperire alle inefficienze della vecchia politica ma anche della società produttiva, monopolizzando -di fatto- ogni aspetto della vita pubblica e privata, con uno Stato padre e padrone di tutto.

Davanti a una logica del genere, è ovvio che gli amici di Casa Pound, la cui coerenza è indiscutibile, appoggino il leader spirituale Beppe Grillo. Forse questi ultimi sono gli unici ad aver compreso in modo autentico la portata del Movimento 5 Stelle e la sua continuità storica con i loro miti di sempre, non solo nei toni e nei gesti come la grande traversata a nuoto dello Stretto di Messina.
Ogni giorno passo davanti all'ufficio di un politico locale. Ex assessore, una vita alle dipendenze di un carrozzone pubblico. A Natale e a Pasqua, si possono ancora osservare parate di ceste stracolme di doni, dirette al suo locale.

Mi sono sempre domandato per quale motivo un politico o un ex politico abbia bisogno di un ufficio, uno stanzone vuoto e squallido con dentro al massimo qualche calendario ricevuto in regalo e un crocifisso (perché non si sa mai...). In questo ufficio non ci sono attività da svolgere, nessun lavoro. Eppure è sempre aperto e frequentato, anche non in periodo pre-elettorale come questo.

Il popolo riconoscente ed ossequioso nei confronti dell'Assessore si svena per far entrare un parente nelle forze armate e, subito dopo, trasforma la festa in una rivolta, quando il politico di turno viene preso con le mani nella marmellata. A quel punto il popolo invoca il sangue, la forca e il cappio.

E come dimenticare le vesti stracciate davanti a Fiorito? Questi era sicuramente considerato, fino a qualche minuto prima dell'esplosione dello scandalo in Regione Lazio, uno di quegli uomini simbolo del "radicamento" sul territorio. Quell'espressione della base elettorale, l'uomo da mandare nell'apparato statale per il bene della comunità d'appartenenza, il "filo diretto" con le istituzioni. Insomma, una specie di eroe.

Sicuramente per Fiorito e tanti come lui, si saranno spese cifre da capogiro per locare tutti gli immobili disponibili per farne comitati elettorali e riempire di cartacce propagandistiche ogni buco libero della città. Chissà se pesa di più questa carta e la colla necessaria ad appiccicarla o l'inchiostro e la carta stampata necessari a darlo in pasto alla folla inferocita.

Il campanilismo e la smodata ricerca del politico che sia espressione del paesello, la voglia di far arrivare a Roma la persona a cui dici "buongiorno" ogni volta che la incontri per strada, dissimulano a malapena la puntuale intenzione di ottenere favori d'ogni genere. Chi si compatta su politici espressione del territorio solo perché -appunto- sono espressione del territorio non realizza niente di buono per la comunità ma solo una fucina di reati contro la Pubblica Amministrazione. Purtroppo, però, fenomeni del genere sono nel DNA della nazione, in barba ad ogni logica e ad ogni mito dell'anti politica.                     

La "gente" non esiste, la "società civile" è un branco di delinquenti, gli "indignati" sono solo dei ladri falliti o che non hanno avuto una fetta di torta abbastanza grossa da dar loro soddisfazione. Il popolo italiano non è né stanco né maturo, è solo affamato. Per un motivo: la torta da dividere per clientele, favori e mungitura diretta dalla mammella dello Stato si è drasticamente ridotta. Per questo, nella ristrettezza delle possibili ruberie, il popolo marrone preferisce legalizzare il parassitismo, affidando le sorti della nazione ad inguaribili statalisti, travestiti da seriosi politici usati ma sicuri o da comici capipopolo che promettono i calci in culo a tutti.

Prima o poi qualcuno avrà voglia di spiegare che non c'è una bestia da issare sulla croce, non c'è un Fiorito o un altro che incarna il male della politica e dall'altra parte un esercito di patrioti pronti a fare la Rivoluzione Civile o gente "stellata" a la Bruno Barbieri. La scelta politica non è una scelta di vita, non è come convolare a nozze con qualcuno, non deve ricadere sull'uomo perfetto.

La retorica del candidato pulito e senza macchia è solo una storiella comoda a chi deve giustificare i privilegi dei soggetti che si trovano a guidare il Paese. La questione morale è una balla colossale: uno strumento nelle mani dei più criminali stat(al)isti per sbranare il popolo in forza di un presunto principio di superiorità di chi comanda rispetto allo sfigato contribuente vessato e sottomesso.

Non esistono politici buoni, belli, bravi, competenti o splendidi e politici da buttare. Esiste il potere. E quest'ultimo corrompe sempre e comunque. Ecco perché dev'essere frammentato, distribuito, quasi polverizzato. La cosiddetta anti-politica promette l'esatto opposto: centralizzazione, pianificazione e controllo, un programma apocalittico che non può che servirsi della maschera della nobiltà d'animo dello statista. Come nella migliore tradizione italiana, sin dall'anno 1919.

La teoria del politico perfetto, da sposare, e delle elezioni come grande agenzia matrimoniale, è diventata un trend su cui è stato costruito ogni agire politico. Il tutto, ovviamente, con risultati a dir poco penosi e paradossali.

Dopo aver sostituito la centralità del programma elettorale con il casellario giudiziale, una nuova leggenda viene confezionata e servita all'elettorato più sprovveduto: il politico dei sogni si sceglie col curriculum vitae.

Diventa d'attualità non solo la seppur minima disavventura, anche già conclusa, con la giustizia, ma persino la veridicità dei titoli di studio del cv.

E siamo arrivati a toccare quel fondo che stavamo intravedendo già da tempo.

Chi non ha invidiato nemmeno una volta nella vita tutti quei paesi dove i politici si dimettono persino se non hanno citato una fonte nella tesi all'Università? Pochi, a dire il vero.

Siamo stati imbottiti di esempi del genere, è stato creato un elettorato cretinamente modificato, pronto a passare a setaccio prima il casellario giudiziale, poi il certificato dei carichi pendenti e infine pure il curriculim. E non sia mai se qualcuno ha osato mentire o nascondere qualcosa! Bassezze simili possono far venir meno il "rapporto fiduciario".

Una cosa del genere è stata affermata da Oscar Giannino nei confronti di un candidato siciliano nelle liste di Fare, su delazione de Il Fatto Quotidiano, prontamente ringraziato dal barbuto e variopinto giornalista.

Il candidato è stato espunto perché non aveva dichiarato d'essere stato prosciolto per avvenuta prescrizione del reato. Su certe cose non si può certo restare in silenzio. Come no.

A distanza d'un mese, uno dei fondatori di Fare per Fermare il Declino, Prof. Luigi Zingales, si dimette per prendere le distanze dallo stesso Giannino, reo di aver addirittura fatto riferimento ad un master negli USA, dove insegna Zingales. Master in realtà mai conseguito. Lesa maestà! Sarebbe venuto meno, anche in questo caso, il rapporto fiduciario.

La lezione dei moralisti ha colpito nel segno: Zingales si dimette perché (non lui ma) un candidato del suo partito ha scritto un'informazione fuorviante nel suo curriculum. L'apoteosi, il capolavoro dell'onestà e del nobil gesto politico. Il sublime che si fa uomo, la raffinatezza che diventa dimissione. L'uomo che viene dall'Alto, che si fa carne e si immola per redimere i peccati del giornalista Giannino.

Questa è una batosta per Fare ma è anche un'opportunità, per due ragioni.

La prima. Serve a ricordare, qualora qualcuno tra i militanti più intransigenti ed invasati se ne fosse dimenticato, che Giannino è un mortale. Non un semidio come il Prof. Zingales, non un'entità al di là del bene e del male come il Prof. Monti, non il motore immobile come Pertini, ormai inserito nel Paradiso del Divino Cristicchi.

Essere consapevoli dei limiti e della fallibilità del proprio riferimento politico può solo essere un monito sulla sua missione più autentica: ridimensionare e parcellizzare il potere autoritativo dello Stato, per renderlo quanto più neutro possibile. Perché non esiste nessun sovrano "illuminato" e nessuno merita di esserne suddito. Lo statista non necessita l'unzione del Signore, ma solo precisi e chiari obiettivi programmatici da realizzare.

La seconda. Fare per Fermare il Declino non dev'essere una succursale de Il Fatto Quotidiano. Con tutto il rispetto per le succursali. Non può essere un partito giustizialista e bacchettone, ma una autentica forza liberale impostata su veri valori altrettanto liberali. Il garantismo non è pura circostanza o un vuoto esercizio retorico, ma quello strumento che consente di privare di rilevanza, ad esempio, un gesto fatto sei giorni dalle urne poiché sospetto di essere meramente strumentale per colpire un avversario politico o ad un collega di partito da cui si è stati messi in ombra (e si sa che le divinità non amano essere adombrate dai comuni mortali). A questo servono le garanzie proprie di ogni stato liberale, se qualcuno non l'avesse capito.

Pertanto, oggi il mio sostegno ad Oscar Giannino è ancora più tenace. Innanzitutto perché so che non sto andando a sposarmi con lui, ma solo a votarlo. Non serve l'amore eterno per affidargli una missione politica. In secondo luogo, perché -forse- dopo questa scottatura, Fare potrà prendere una direzione meno giacobina e meno giustizialista (componente che mai ho digerito nel Partito).

Non sentirò più Giannino arringare le piazze per parlare di Berlusconi utilizzando la metafora del vicino di casa che invita donne diverse ad ogni ora del giorno e della notte disturbando i vicini "ben pensanti". Il viavai di donne non solo non deve interessare, non solo dev'essere tirato fuori da ogni dibattito politico poiché solo strumentale, ma dev'essere circondato dall'habitus mentale del chissenefrega più assoluto, corposo e granitico.

Tutti quelli che ricorrono a mezzucci come le abitudini di vita dei propri avversari o i loro presunti errori (non attinenti alla gestione della cosa pubblica) devono essere considerati per quel che sono: persone che vogliono incretinire l'elettorato per determinarne il voto a proprio piacimento. Dunque, questi signori devono essere gentilmente, cortesemente e pacatamente invitati ad occuparsi d'altro. Magari di cucina. Di questi tempi uno Chef in tv ha più autorevolezza di un neurochirurgo. Il mondo accademico è nulla quando dall'altra parte ci sono le stelle della guida Michelin.


6 commenti:

  1. Per quanto riguarda il movimento cinque stelle è innegabile che si stia muovendo verso una forma più forte di Stato. Ma non sono d'accordo sulla forma assolutamente pervasiva che tu pensi che questo Stato avrà, in caso di una loro improbabile vittoria. Chiunque s'informi un minimo capirà che la loro idea di Stato e totalmente diversa da quella Stalinista o Fascista. In un'europa sempre più centralizzata, in un'economia sempre più rispondente a bisogni economici e non a bisogni umani, l'idea di uno Stato forte che limiti o addirittura tenti di cambiare il capitalismo odierno è tutt'altro che centralista e neofascista. Non si tratta di entrare nella vita dei cittadini, si tratta di preservare la libertà di essi disinnescando il meccanismo del potere economico. Quest'idea di Stato, a mio parere è, forse paradossalmente, la prima garanzia di una vera libertà. Essere "libertariano", "anarchico", voler "polverizzare il potere" in questa situazione a me pare che significhi essere totalmente per la farsa del "libero mercato", del "lasciamo che si creino mostri multinazionali".
    A meno che non mi si spieghi in che modo, con un'ideologia del genere ci si possa difendere da uno strapotere così forte e distante.

    P.S: bisogna anche saper distinguere tra idee giuste espresse sinceramente e idee giuste espresse insinceramente. Quest'ultimo caso è quello di CasaPound (su due punti non sono d'accordo però), la loro tattica è utilizzare come ariete il buonsenso per fare uscire poi dal cilindro, in caso di una qualche loro eventuale partecipazione al potere, la loro ideologia pseudoparamilitare e razzista.

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  2. eccellenti spunti di riflessione, bravo

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  3. Buona analisi, i tuoi argomenti sulle liste pulite sono un ottimo spunto. Per me la storia del curriculm è un fatto umanamente fastidioso ma politicamente irrilevante. Dal canto suo, Giannino si è giustamente scusato. Avrebbe potuto prendere atto di aver detto una cazzata con più decisione, almeno per non far fare a Zingales la parte della patetica vittima.. Non credo che la direzione lo farà dimettere, d'altronde è una bassezza retorica impugnare questo argomento nel confronto politico.

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  4. Pierf. a me piacciono tanto i mostri <3 e le farse <3 <3 <3

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